domenica 16 settembre 2012

Pagine di Letteratura Araba - Età preislamica

Pochi sanno che i più antichi documenti della letteratura araba sono anteriori all'Islàm.

Per un buon secolo prima di Maometto, fiorì in Arabia una poesia pagana, tramandata dapprima per via orale, ma più tardi - in età islamica - raccolta e studiata per iscritto.
L'età preislamica comprende il periodo tra i secoli VI e VII d.C.

La poesia preislamica era caratterizzata da forme linguistiche e metriche rigorosamente codificate e da un repertorio di temi che comprendeva l'amore, la guerra, la caccia, la gnomica, il vanto e la polemica fra individui e tribù, le elegie per i morti, ecc...
I poeti di questo periodo, pur dovendo rispettare alcune regole metriche e tematiche, riuscirono a distinguersi individualmente. In primo luogo, si ricordano gli autori delle 7 Mu3allaqaat ( مُعَلَّقات ), di ognuno dei quali è tramandato un piccolo diwaan o canzoniere.

Il primo autore che si studia dell'epoca preislamica è senz'altro IMRU-LQAYS della prima metà del VI sec. d.C.. Una delle sue poesie più famose è quella intitolata "Bellezza beduina", di cui seguono i primi versi:

"Candida, di vita sottile, di contenuta linea, dal seno polito come uno specchio.
Arretra ritrosa scoprendo una liscia guancia, con occhio di gazzella selvatica cui già accompagnano i piccoli.
Una folta chioma nera le adorna il dorso,
fitta qual pendulo grappolo di palma [...] "

Un altro poeta da ricordare è Nàbigha:
poeta della tribù di Dhubyàn (II metà VI sec. d.C.), inaugurò con i suoi panegirici l'arte del "madìh" ( مَديح ) o encomio, un tema che ebbe molto sviluppo nella letteratura araba.
Abile cortigiano e uomo di mondo, Nàbigha seppe destreggiarsi tra patroni avversi, assaggiò la civiltà sedentaria pur rimanendo beduino nell'anima e godé nell'Arabia del suo tempo di un alto prestigio letterario e sociale.
Di Nàbigha, riporto alcuni versi di un encomio fatto alla dinastia dei Ghassanidi:

"[...] Con fini calzari, con elette cinture, sono acclamati il giorno delle Palme con rami di odoroso basilico.
Candide ancelle li salutano, e vesti di seta purpurea pendono nei loro armadi.
Proteggono i loro corpi, avvezzi ab antiquo a delizie, con abiti dalle candide maniche [...]"

Infine, voglio ricordare al-Khansà:
è la maggior poetessa dell'età preislamica, appartenente alla tribù dei Banu Sulain, ed è celebre per le elegie con cui pianse i fratelli Muàwiya e Sakhr, avvivando di vera profondità di sentimento gli schemi fissi del canto funebre pagano.
Di seguito, un passo di "Elegie per il fratello":

" Occhio mio, cosa hai che non piangi a rovesci, dinanzi ai colpi del Destino, Destino crudele?
Piangi il tuo fratello per gli orfani e la vedova, piangi il tuo fratello se darai mai protezione a stranieri.
Piangilo per il cavaliere che difende il più prezioso suo avere
e per il postulante che viene a sollecitare aiuto."



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